Madrelingua o non madrelingua? L’eterno dramma dell’educazione linguistica.
Di Giorgia Tomassini
Ringrazio infinitamente Giorgia Tomassini, laureata in psicologia dello sviluppo, formatrice del metodo del format narrativo delle “Avventure di Hocus&Lotus” nonché insegnante magica, per avermi “prestato” questo suo articolo in cui si affronta una questione ancora molto a cuore dei più, ma che spesso ci fa perdere di vista gli aspetti che sono alla base di una educazione linguistica di successo.
E’ capitato a tutti di imbattersi in annunci, siti internet, volantini pubblicitari di centri che offrivano corsi di lingua sottolineando a grandi lettere la composizione esclusivamente madrelingua dello staff didattico del centro così come è sempre pressante la richiesta di corsi di lingua tenuti da madrelingua da inserire nei Piani dell’Offerta Formativa delle scuole.
Ma cosa significa essere madrelingua? E soprattutto, questo status garantisce di per sé le giuste competenze per insegnare, soprattutto ai più piccoli, una seconda lingua?
Il madrelingua gode di una serie di attribuiti che lo rendono, nel pensiero comune, il perfetto conoscitore ed utilizzatore della propria lingua, lo standard a cui ogni studente dovrebbe avvicinarsi, l’optimum a cui ogni studente dovrebbe tendere. Ma in un mondo globalizzato, dove il numero dei parlanti inglese come seconda lingua o come lingua straniera è il triplo rispetto ai madrelingua per origine “storica”, parlare di madrelingua risulta quanto mai obsoleto e la distinzione tra insegnanti madrelingua o non madrelingua una questione più di prestigio sociale che di valore educativo, in quanto persone che parlano la stessa lingua non sono paragonabili le une alle altre, non possiedono tutte le stesse identiche competenze linguistiche, competenze che non sono del tipo “tutto o nulla”, quanto piuttosto un continuum e che risultano strettamente legate alla vita e alle esperienze della singola persona piuttosto che al suolo di nascita.
La competenza nell’insegnamento non passa necessariamente per una conoscenza linguistica madrelingua, ma dovrebbe essere valutata tenendo conto di altri criteri non solo linguistici, come la competenza e la padronanza, ma anche e soprattutto competenze socio emotive e culturali.
Ecco allora che centrali risultano aspetti non solo linguistici ma aspetti educativi più generali: una visione flessibile delle competenze che chi si avvicina ad una lingua straniera dovrebbe acquisire, una visione che si allontani dall’ingabbiamento in uno standard linguistico, il rispetto delle differenze individuali in termini di apprendimento bisogni ed obiettivi.
Risulta quindi importante per l’insegnante possedere una buona auto-consapevolezza delle proprie competenze, una filosofia educativa che giustifichi le sue scelte pedagogiche e un chiaro set di principi che guidino il suo operato; un’insegnante inoltre dovrebbe essere sempre aggiornata sulle novità nell’insegnamento della lingua straniera e poter aver accesso ad articoli e ricerche che possano supportare le sue scelte oltre che a materiali educativi idonei.
In un’ottica educativa che vada oltre il raggiungimento di uno standard linguistico, ma che si configuri come un’educazione alla comunicazione e come un’esperienza interculturale di apprendimento, il modello del format narrativo fornisce alle insegnanti, che conoscono perfettamente, molto, abbastanza, poco o affatto la lingua straniera, una solida base teorico pratica per intraprendere con i bambini un percorso costruttivo alla scoperta di una seconda lingua.
Solide teorie, materiali coerenti con i principi proposti, una metodologia che muta e si alimenta delle esperienze vissute sul campo dalle insegnanti che nel corso degli anni l’hanno adottata nelle scuole, dal nido fino alle sperimentazioni con i giovani immigrati nel contesto delle scuole superiori, aggiornamento assicurato dai corsi di formazioni permettono alle insegnanti di sentirsi maggiormente sicure di quanto trasmettono ai bambini, sintonizzandosi su corde affettive ed emotive, prima che linguistiche e offrendo loro un’esperienza di buona comunicazione che va oltre l’essere o meno madrelingua.
Grazie Giorgia!
Articolo pubblicato in mammeancona.it
Mascia Calcich
Interprete e Traduttrice
Esperta in Glottodidattica Infantile
Insegnante Magica Certificata e Abilitata al Metodo delle Avventure di Hocus&Lotus
Practical Trainer del Metodo delle Avventure di Hocus&Lotus
Consulente per progetti di Bilinguismo infantile e adulto in ambito personale, famigliare, sociale, scolastico e professionale
MAG