Mi chiamo Viviana, ho 38 anni e due bimbi: Matteo di quasi cinque anni e Giorgia di due anni e mezzo.
La mia esperienza con il bilinguismo infantile ha avuto inizio al secondo anno di frequentazione del nido di Matteo.
Ci hanno proposto un corso di inglese tenuto da una madrelingua con un metodo innovativo basato su canzoncine e lettura di storie. Io e mio marito ci siamo detti perché no? Andiamo un po’ a sentire di che si tratta. E lì mi sono fatta subito coinvolgere dall’entusiasmo della magic teacher che con una lezione pratica ci ha introdotto verso questo mondo magico i cui protagonisti sono due piccoli dinosauri di nome Hocus e Lotus. Lei diceva ciò in cui ho sempre creduto: se si inizia da piccoli e per gioco, si impara molto più facilmente che sui libri di scuola.
Naturalmente non ci si può aspettare che un bimbo di nemmeno tre anni parli in inglese, ma già sentirlo cantare e pronunciare le prime parole con la giusta dizione inglese è stata per me una grande conquista. A modo suo cantava a squarciagola le canzoncine che imparava durante le lezioni e che a casa ripetevamo. Gli è sempre piaciuto molto rivedere i dvd, mentre per la lettura dei libri ha sempre preferito l’insegnante!
A casa non parliamo in inglese perché soprattutto io nel tempo ho perso la fluidità nel parlare e mi sento insicura, mio marito sicuramente più bravo di me, gli legge delle favole in inglese, libri che abbiamo regalato a Matteo per fargli capire che l’inglese non è solo con Hocus e Lotus e che in quelle storie ritrovava le stesse parole e modi di dire che aveva imparato a lezione. Devo dire che ad alcune di queste storie ci si è affezionato e ogni tanto ci chiede di rileggergliele.
Terminato l’asilo abbiamo deciso di far continuare Matteo l’apprendimento della lingua con questa metodologia, ora siamo al terzo anno e di progressi ne ha fatti. Nel frattempo anche la piccolina di casa ha iniziato il suo percorso al nido. Sarà che è spronata dal fratello ma lei, secondo me, è già più avanti di quanto non fosse lui alla stessa età. Cantano di continuo le canzoncine insieme e lei sa anche quelle che fa Matteo al terzo livello. I cd delle canzoni sono ormai consumati per quante volte li abbiamo sentiti. Devo dire che sono stati un’ottima ancora di salvezza durante i lunghi viaggi che abbiamo fatto in macchina tutti insieme.
Un’ultima esperienza che vorrei condividere prima di chiudere riguarda un viaggio che abbiamo fatto quest’estate a Copenhagen. Matteo ci chiedeva come mai nessuno parlasse italiano e gli abbiamo spiegato che se si vuole comunicare con gli alti in un paese straniero bisogna parlare in inglese. E allora lui ha preso coraggio e mentre eravamo al ristorante ha chiesto al cameriere di portargli una cannuccia per l’acqua, dietro nostro suggerimento ovviamente, ma poi ha fatto tutto da solo!
Sicuramente se i bambini avessero di continuo degli stimoli per parlare in inglese, parlerebbero una seconda lingua correttamente già all’età di tre anni, come del resto succede per chi è figlio di genitori che parlano due lingue differenti. Per questo mi sento fortemente di consigliare questa metodologia di apprendimento, perché i bimbi la vivono come un gioco ma inconsciamente stanno allargando la loro mente a nuovi orizzonti.
Viviana.
APR